Il portale di Sant’Erasmo

 

La chiesa di Sant’Erasmo, a Bojano, venne costruita nel XIII secolo vicino al monastero di Santa Chiara; nel corso del tempo, anche a causa di disastrosi eventi sismici (soprattutto quelli del 1456, del 1688 e del 1805), ha subito numerosi adattamenti e rifacimenti.

Il terremoto del 26 luglio 1805 (“Tremuoto di Sant’Anna”) rase al suolo la chiesa di San Martino, tra le più antiche della città e parrocchia autonoma; il suo titolo, dal 1820, fu annesso alla chiesa di Sant’Erasmo - molto danneggiata ma recuperabile - che assunse la denominazione: SS. Erasmo e Martino.

L’edificio, fino agli anni Sessanta del secolo scorso, era costituito da un’aula unica affiancata da due cappelle laterali; i lavori di ampliamento e “adeguamento” compiuti in quel periodo ne mutarono del tutto l’aspetto. In conseguenza della nuova liturgia stabilita dal Concilio Vaticano II, furono rimossi l’altare settecentesco e la balaustra (creati con splendidi marmi policromi!). Vennero aperte, poi, arcate sulle pareti laterali e soppresse le cappelle; la struttura primitiva risultò così trasformata in un impianto a tre navate.

Tali sciagurate operazioni hanno prodotto un ambiente privo di ogni caratterizzazione architettonica e storica. Oggi la chiesa conserva solo pochi elementi antichi: all’interno, alcuni rocchi di colonne, un fonte battesimale, un’acquasantiera e due tele del XVIII secolo e, in testa alla navata di destra, un affresco raffigurante l’Adorazione dei Magi (risalente probabilmente al XIV secolo); all’esterno tre bifore realizzate con materiali scultorei di risulta dai crolli e un interessantissimo portale gotico.

- Bojano, portale di Sant’Erasmo -

Quest’ultimo, di fattura raffinata, può essere ascritto al XIII-XIV secolo. La leggera strombatura, dopo una prima sezione liscia, presenta un elegante tortiglione e poi una fascia scolpita - con forme geometriche e palmette - che percorre solo in parte gli elementi verticali (occupati da una colonnina cantonale) e completamente l’archivolto a sesto acuto. La decorazione dei capitelli degli stipiti è caratterizzata, oltre che da foglie di acanto, da testine antropomorfe e zoomorfe.

Dopo l’analisi stilistica e un accurato esame, non solo della struttura oggetto di studio ma dell’intero corpo di fabbrica, è possibile fare alcune considerazioni.

Mancano lo pseudoprotiro e le colonne aggettanti che lo sostenevano, di cui si vedono ancora bene i basamenti.

Il tortiglione sulla sinistra differisce un po’ - per la forma e l’inclinazione della spirale - sia da quello posto sulla destra che da quello dell’archivolto. Evidentemente fu sostituito nel corso di un’operazione di ripristino (forse faceva parte di un’altra coppia situata più esternamente oppure si tratta di una riproduzione, eseguita in modo approssimativo, da un non puntiglioso artefice).  

Un tempo due leoni in pietra ed una formella con l’Agnus Dei (l’Agnello mistico, che tiene la croce, allude a Cristo, al suo sacrificio per salvare l’umanità) completavano la composizione.

- Sant’Erasmo, bassorilievo con Agnus Dei (muratura lato ovest) -

- Sant’Erasmo, statua di leone (muratura lato ovest) -

Difatti nella muratura esterna della chiesa, sul lato ovest, sono stati inglobati diversi elementi decorativi, tra questi un piccolo bassorilievo che riproduce un agnello e la parte anteriore della scultura di un leone con la testa girata verso sinistra. Un altro leone, del tutto simile ma speculare (con la testa girata verso destra, purtroppo molto rovinato), si trova a “Masseria Nardone”, fuori dalle mura cittadine, nella frazione di Castellone, in un’area dove si ritiene sorgesse la grancia dei padri celestini; la scultura venne lì trasportata, verosimilmente, dopo lo smantellamento e la spoliazione di ciò che rimaneva dello speudoprotiro (nel XVIII secolo proprietario della costruzione rurale risulta Gregorio Nardone, parroco della chiesa di Sant’Erasmo).

- Masseria Nardone, statua di leone -

Al di sopra dell’archivolto sopravvive un mensolone con il fronte decorato a treccia: si tratta per certo di uno degli elementi sporgenti che, in origine, sostenevano i leoni.

Per avere un’idea di come fosse il portale completo, si possono prendere in considerazione le strutture di due altre importanti fabbriche religiose della regione, appartenenti al medesimo “gruppo” di prodotti artistici, e ricercare i punti di analogia e somiglianza: il Duomo di Larino e la chiesa di Sant’Emidio ad Agnone.

- Larino, portale del Duomo -

Il primo, dedicato all’Assunta e a San Pardo, è un edificio di più antica fondazione ma compiuto, come attesta un’iscrizione, nel 1319; presenta una bella facciata, a coronamento orizzontale, su cui risalta un grandioso portale gotico con un profondo sguancio (taglio obliquo del muro), vivacemente ornato (fregi floreali, animali simbolici, punte di diamante, fogliame di acanto) e racchiuso in uno pseudoprotiro: due serie di piccole colonne sovrapposte - dotate di fusti scolpiti a motivi diversi, intervallate da leoni stilofori e grifoni aggettanti - sorreggono un timpano con, al centro, l’Agnello mistico e, sull’estremità, un’aquila.

Nella lunetta archiacuta - esistente solo a Larino - viene rappresentata la scena della Crocifissione: in posizione centrale, a tutto rilievo, Gesù confortato e incoronato da un angelo, sulla sinistra la Vergine, di profilo, con una mano portata alla guancia e un’altra che stringe il mantello, sulla destra, ancora di profilo, un affranto San Giovanni con un rotolo, emblema del Vangelo. Il teschio, sotto la croce, simboleggia il monte Calvario (il latino calvarium, che traduce il greco golghota, significa proprio teschio), la forma arrotondata della sua sommità.

L’intero paramento decorativo è dovuto all’architetto e scultore abruzzese Francesco Petrini, autore, tra l’altro, di quello, in tutto simile, di Santa Maria Maggiore a Lanciano (firmato e datato 1317).

- Agnone, portale di Sant’Emidio -

La fabbrica di Sant’Emidio in Agnone, eretta probabilmente nell’XI secolo era, al principio, una modesta pieve; fu ampliata e adornata in età angioina con il patrocinio di mercanti ascolani che operavano nella città. A quest’ultimo intervento si deve la realizzazione del portale in stile gotico fiorito: plasticamente strombato (ma meno sporgente dal muro rispetto a quello della cattedrale di Larino), con giochi ritmici di colonnine e pilastri, arricchiti di motivi naturalistici e geometrici, che creano uno straordinario effetto chiaroscurale. Lo possiamo attribuire a maestranze locali che nelle lavorazioni della pietra avevano raggiunto eccezionali livelli di precisione e gusto (statue di leoni sono presenti non solo sulla facciata di questa chiesa ma decorano anche diversi palazzi patrizi).

È innegabile che i tre portali appartengano ad un unico “contesto” culturale ed artistico anche se ciascuno risulta in stretto rapporto con lo spazio fisico in cui si colloca (tre centri urbani con storia, tradizioni e, soprattutto, committenti diversi).

Gli pseudoprotiri di Larino e Agnone sono del tutto simili; in particolare, la forma delle edicole e le cornici degli spioventi - fatte di piccoli conci, scolpiti con foglie d’acanto - risultano proprio le stesse.

A conclusione dell’indagine e di fronte ad innegabili concordanze, si può formulare un’ipotesi di ricostruzione in base a tutti gli elementi raccolti e alle considerazioni svolte, ipotesi che permette di “leggere” il portale completo di Sant’Erasmo; il risultato è nello splendido disegno realizzato da Nicola Patullo.

- Ipotesi di ricostruzione del portale originario della chiesa di Sant’Erasmo (disegno di Nicola Patullo) -

Nel XIX secolo era in auge il restauro stilistico, teorizzato dal francese Eugène Viollet-le-Duc: le parti mancanti di un monumento, di una scultura, di un dipinto venivano integrate, riprodotte. L’Arco di Tito (I secolo d.C.) a Roma, per esempio, incorporato in murature difensive medioevali, fu liberato e consolidato (1821) dall’architetto Giuseppe Valadier che, inoltre, introdusse un nuovo criterio ponendo i fondamenti della moderna disciplina del restauro: per distinguere nettamente le integrazioni dalle parti originali, utilizzò materiale diverso, il travertino invece del marmo.

L’odierna teoria del restauro, in linea di principio, ha messo al bando il ripristino fondato su analogie stilistiche e ogni rifacimento arbitrario. Tuttavia un’opera d’arte non è solo un documento da conservare e “consultare” all’occorrenza ma è anche, e soprattutto, una cosa bella di cui godere. Quindi, quando è possibile, va colta nella sua completezza.

Il disegno proposto vuol restituire al portale della chiesa di Sant’Erasmo, senza manomissioni, solo virtualmente, il suo aspetto originario...

                                                                                                                                                                                           Alessandro Cimmino


Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. Disegni, elaborazioni grafiche e foto, ove non specificato, sono dell'autore.

Articolo pubblicato sul trimestrale "Altri Itinerari", n. 15, giugno-dicembre 2009, pp. 26-28.