Saepinum città “tratturiera”

 

I Sanniti, discendenti dei Sabini, grandi allevatori di buoi e di pecore, insediatisi nell’attuale Molise centrale, organizzarono e specializzarono la pastorizia attraverso le migrazioni stagionali che portarono alla nascita della transumanza e alla strutturazione di quelle millenarie piste erbose, “scoperte” dagli animali che si spostavano in cerca di alimenti: i tratturi.

Su questi percorsi si recintarono le zone destinate al riposo (stazzi), si costruirono rifugi per i pastori - corredati di opere sacre e profane quali santuari e taverne - ed attrezzature per gli scambi commerciali con le popolazioni locali. Alcuni siti assunsero, poi, funzioni più complesse diventando veri e propri nuclei urbani.

La transumanza attivò modifiche lente ma continue nell’ambiente fisico, antropico ed economico. Ancora oggi locande, chiese, cappelle, manifatture, fontane rimangono a testimoniare la stretta connessione fra percorsi tratturali, architettura e territorio.

Quindi - come ha affermato Edilio Petrocelli - «... nel Molise, i tratturi diedero l’assetto al sistema urbano e produttivo e non viceversa».

Le ricerche archeologiche hanno evidenziato, in regioni occupate dai Sanniti-Pentri, precisi organismi stanziali: nell’ambito di una determinata unità territoriale, il pagus (distretto), si articolavano in genere due o tre vici (villaggi), distanti da 3 a 8 chilometri gli uni dagli altri, situati, di solito, vicino ad un tratturo; ogni nucleo veniva dotato di una o più rocche - collocate sulle alture o comunque in posizioni strategiche - attrezzate per accogliere uomini e bestiame nei momenti di pericolo.

Queste strutture, con funzione fortemente specializzata, costituiscono un modo caratteristico di organizzare il territorio: insediamenti sparsi, non concentrati in grossi agglomerati, basati su un’economia di sfruttamento agricolo e, soprattutto, di pastorizia.

La città di Saepinum (la sannitica Saipinom) testimonia la progressiva trasformazione, confermata dalla ricostruzione archeologica, di un originario vicus in una entità urbana più complessa.

Un primo nucleo sorse, a partire dal V-IV secolo a.C., sul tratturo Pescasseroli-Candela (nella località oggi denominata Altilia); una seconda area abitata prese consistenza sull’altura di Terravecchia, intorno ad una roccaforte. Insieme davano vita ad un pagus protetto da possenti mura megalitiche, passato alla storia perché Tito Livio ne ricordò l’eroica difesa durante la seconda guerra sannitica.

Alfine nel 293 a.C. fu espugnata, e ridotta ad un cumulo di macerie, dai Romani.

Tuttavia continuò, per l’importante funzione svolta quale luogo di sosta lungo il cammino dei pastori che menavano le greggi, a vivere e da modesto villaggio, in breve, diventò un centro rurale di una certa consistenza.

Una funzione paragonabile, per alcuni versi, a quella di Gerasa (Jerash, in Giordania) e Palmira (in Siria) - le cosiddette città “carovaniere” (definizione dello storico ed archeologo russo Michajl Rostovcev) - poste sui tragitti delle merci che dall’oriente venivano condotte al Mediterraneo. Entrambe di antica fondazione, assunsero in età romana l’aspetto urbanistico ancora individuabile nei ruderi che sopravvivono: una grande via rettilinea (quella appunto percorsa dalle carovane), colonnata e dotata di portici, tagliava in due le città; all’incrocio con la strada ortogonale più importante si elevava, in una piazza circolare, un tetrapylon (struttura monumentale costituita da quattro colonne sormontate da un baldacchino).

- Planimetria della città di Saepinum -

Anche la risorta Saepinum - divenuta municipio romano nel I secolo a.C. - presentava una grande via (il tratturo che all’interno della città svolgeva il ruolo di decumano massimo), munita di portici, che divideva in due settori il tessuto urbano; all’incrocio con la strada più importante (il cardo massimo non perfettamente ortogonale forse perché preesistente) si apriva un’ampia piazza, il foro, su cui si affacciavano notevoli edifici pubblici.

- Porta Bojano, situata a cavallo del tratturo (decumano) -

I principi imperiali - ovvero i figli che Livia Drusilla, terza moglie di Ottaviano Augusto aveva avuto dal precedente matrimonio - Tiberio (futuro imperatore) e Druso Germanico (morto nel 9 a.C.) patrocinarono, negli ultimi decenni del I secolo a.C., la costruzione delle mura di cinta e dei fornici d’accesso. La cortina aveva una forma romboidale di circa 320 metri per lato con 29 torri circolari, merlate, alte oltre 7 metri (adesso ne sono identificabili 19); la struttura si componeva - come è possibile rilevare dai ruderi - di un nucleo in calcestruzzo di pozzolana (opus caementicium) rivestito da un paramento di blocchetti calcarei in opus quasi reticulatum (caratteristico dell’età augustea); le porte, corrispondenti alle testate dei due assi stradali principali, si distinguono oggi con i nomi di Terravecchia (a sud-ovest), di Bojano (a nord-ovest), del Tammaro (a nord-est) e di Benevento (a sud-est).

- Torre e muro di cinta in opus quasi reticulatum -

Un’apertura di dimensioni ridotte, sul lato nord, consentiva ai forestieri di accedere, quando le altre porte erano chiuse, al teatro (immetteva direttamente nell’ambulacro), la costruzione più imponente di Saepinum: a forma di semicerchio, aveva una capacità di circa 3000 posti a sedere distribuiti su 28 file di gradoni (ora ne rimangono solo 8) ed era dotato di una copertura con teli, posti su pali di legno, azionata da un sistema di funi e carrucole.

- Teatro (scorcio) -

- Tetrapilo del teatro -

Immaginiamo uomini e armenti che si accingevano ad attraversare questa città durante la transumanza d’autunno, nel mese di settembre o di ottobre, quando, dopo aver abbandonato gli ovili sulle montagne abruzzesi, erano diretti ai verdi pascoli nelle pianure della Puglia.

- Porta Bojano (particolare) -

Ecco Porta Bojano, posta a cavallo del tratturo; costituiva l’ingresso principale all’abitato ed è attualmente quella meglio conservata (in larga parte ricostruita dall’opera di restauro). L’unico fornice, affiancato da due torri circolari, presenta una chiave di volta scolpita con un personaggio barbuto, probabilmente Ercole; due altorilievi speculari, raffiguranti prigionieri barbari - seminudi, con le gambe incrociate e le braccia legate dietro la schiena -, collocati su un alto basamento, che simboleggiano le vittorie militari ed ammoniscono eventuali assalitori; una iscrizione rettangolare che ricorda i finanziatori dell’opera: «Tiberio Claudio Nerone, figlio di Tiberio, pontefice, console, comandante delle truppe, dotato della potestà di tribuno / Nerone Claudio Druso Germanico, figlio di Tiberio, augure, console, comandante delle truppe / fecero costruire con il proprio denaro le mura le porte e le torri».

- Epigrafe di Porta Bojano (169-172 d.C.) -

Sul piedritto di destra è visibile, anche se molto rovinata, un’importantissima testimonianza epigrafica databile 169-172 d.C. : si tratta della trascrizione, sintetica, di tre lettere nelle quali si denunciano gli abusi cui erano sottoposti i conductores delle greggi di proprietà imperiale da parte degli stationarii (addetti al controllo) e dei magistrati di Saepinum e di Bovianum con il pretesto di verificare che tra i pastori non si nascondessero schiavi fuggitivi e tra le mandrie capi di bestiame rubato; con l’intervento dei Prefetti del Pretorio - Basseo Rufo e Macrinio Vindice -, le autorità locali furono diffidate affinché le vessazioni non avessero a ripetersi e obbligate a incidere ed esporre la sentenza in luogo pubblico.

Il passaggio veniva sbarrato con una saracinesca, che scendeva dall’alto entro guide scavate nei blocchi di pietra; alla camera di manovra, posta nella parte superiore dell’arco, si accedeva tramite una scalinata, tuttora agibile. Una piccola corte, cavaedium, al di là della grata fungeva da postazione per guardie e stationarii ed era chiusa, verso la città, da una controporta a doppio battente (in basso colpiscono due avancorpi con i poderosi incassi circolari dei cardini); su un fianco sono evidenti anche i resti del bacino di un abbeveratoio.

- Ruderi delle terme pubbliche -

Entrati in città, sulla sinistra si incontravano le terme pubbliche; oggi si può osservare, nei ruderi, la tipica sequenza di sale absidate ove erano collocate le vasche per i bagni a diversa temperatura. Sulla destra, dopo una latrina, si susseguivano numerosi edifici gremiti di gente indaffarata: negozi, piccole botteghe artigianali, taverne, abitazioni; le soglie di alcuni mostrano ancora i solchi delle porte scorrevoli e i fori per il fissaggio dei banconi di vendita.

Proseguendo lungo il decumano, che presenta un basolato con larghezza variabile da 3 a 4 metri circa, si notano sui marciapiedi i segni delle colonne che sostenevano un porticato continuo e alcuni grossi blocchi di pietra che creavano passaggi pedonali rialzati per attraversare la strada in caso di piogge abbondanti (simili a quelli degli scavi di Pompei). Sempre sulla destra si elevavano: un edificio di culto con un ampio atrio, il macellum (mercato), in cui una serie di botteghe, per la compravendita di generi alimentari, si affacciava su un cortile interno di forma esagonale, e, all’incrocio con il cardo, la basilica (utilizzata per riunioni politiche, per funzioni giudiziarie, commerciali e religiose) ovverosia una spaziosa aula rettangolare (pressappoco 30x20 metri) con un peristilio creato da 20 colonne in stile ionico.

- Ruderi della basilica -

Il foro - ampia piazza trapezoidale, circa 54 metri di lunghezza e 26 di larghezza - reca al centro un’iscrizione: menziona i magistrati che fecero realizzare a loro spese la pavimentazione con grosse lastre calcaree disposte in parallelo; sul lato sinistro diversi edifici pubblici tra cui il tempio di Giove, la sede dei decurioni, un altro, più sontuoso, complesso termale; sul versante opposto alcuni monumenti onorari e un arco di trionfo dedicato a Lucius Neratius Priscus, insigne giureconsulto del luogo.

- Fontana del Grifo (particolare) -

Più avanti la fontana del Grifo, una vasca parallelepipeda che prende il nome dall’animale mitologico scolpito sul fronte rialzato, poi un mulino ad acqua e, vicino, una bottega in cui si vendeva l’olio, conservato in quattro orci in laterizio interrati (per alcuni studiosi si tratterebbe, invece, di strutture relative ad una conceria).

Un altro breve tragitto e le greggi giungevano a Porta Benevento (recentemente restaurata con notevole apporto di componenti mancanti), del tutto simile, nella forma e negli elementi decorativi, a Porta Bojano; dopo averla oltrepassata, si rimettevano sul tratturo, sull’antica “via della lana”, con destinazione Apulia.

Saepinum, una città che, parafrasando Rostovcev, potremmo definire “tratturiera” - alludendo alle funzioni per cui nacque e prosperò: transito, sosta, rifornimento e commercio - era alle spalle...

                                                                                                                                                                                           Alessandro Cimmino


Con preghiera di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo per motivi di studio. Disegni, elaborazioni grafiche e foto, ove non specificato, sono dell'autore.

Articolo pubblicato sul mensile "Il Ponte", a. XXI, n. 8/9, agosto/settembre 2009, pp. 40-43.